I prodotti alimentari conservati sono suddivisi in due tipologie a seconda che il loro valore di pH sia superiore a 4.6 o inferiore/uguale a 4.6. Ai due gruppi così differenziati vengono impartiti trattamenti termici di diversa entità; in particolare, sono applicati trattamenti di stabilizzazione microbiologica o sterilizzazione a seconda che i valori di pH siano, rispettivamente, inferiore/uguale a 4.6 o superiori a 4.6. Ciò è dovuto alla diversa capacità di sviluppo, in funzione del valore di pH, del batterio patogeno Clostridium botulinum, responsabile di intossicazioni letali dovute a neurotossine. Infatti, dati scientifici attestano che il pH minimo limitante la germinazione delle spore di C. botulinum è pari a 4,6. Tale batterio non è, quindi, capace di moltiplicarsi, nella forma di spore, a valori inferiori; peraltro le cellule vegetative di C. botulinum, così come le cellule di tutti gli altri microrganismi presenti negli alimenti, sono sicuramente inattivate dal trattamento termico di stabilizzazione microbiologica poiché la resistenza cellulare al calore è molto bassa. In alimenti conservati, cui sia stato impartito un trattamento termico di stabilizzazione microbiologica, con pH inferiori/uguale a 4.6 è, pertanto, inibita la capacità di sviluppo di C. botulinum e, quindi, la produzione delle neurotossine letali. Il basso valore di pH (e l’elevata acidità) di tali conserve alimentari è condizione, da sola, sufficiente a inibire la germinazione delle spore e l’accrescimento del batterio in questione. Per i prodotti vegetali naturalmente non acidi, pertanto, è di fondamentale importanza la corretta acidificazione con correttori di acidità quali acido citrico, acido acetico, acido lattico ecc., operazione tecnologica che comprende anche il controllo continuo del valore di pH prima del confezionamento al fine di assicurarne l’omogeneità. Il controllo delle conserve alimentari con valori di pH ≤ 4.6 viene eseguito mediante il metodo di prova denominato “Stabilità microbiologica”. Secondo quanto previsto dal metodo, il campione viene analizzato dopo incubazione a 30 °C per 14 giorni con lo scopo di verificare la presenza di microrganismi di alterazione, eventualmente presenti nel prodotto già trattato termicamente e raffreddato, anche a concentrazione di una sola cellula per contenitore, indipendentemente dalla capacità di quest’ultimo. Pertanto, l’analisi di “Stabilità microbiologica”, è diretta a verificare la presenza dei microrganismi capaci di svilupparsi ai suddetti valori di pH (in funzione del prodotto: batteri lattici, miceti, enterobatteri, B. coagulans); essa viene effettuata in modalità qualitativa, utilizzando esclusivamente terreni colturali selettivi per tali microrganismi. Non si effettuano, quindi, analisi di tipo qualitativo o quantitativo su terreni colturali generali quali PCA, TSA, S.A., TSC, O.P.S.P ecc., poiché in questi si verifica accrescimento di spore batteriche del genere Bacillus e/o Clostridium, generalmente presenti nelle materie prime, non inattivate dai trattamenti termici impartiti alle conserve acide al fine di ottenerne la stabilità microbiologica. I trattamenti termici impartiti a conserve alimentari aventi pH inferiore/uguale a 4.6, infatti, non si prefiggono l’inattivazione di tutte le spore presenti nelle materie prime ma solo di quelle capaci di germinare (ritrasformarsi in cellule metabolicamente attive) anche a quei valori di pH e alterare il prodotto. Le spore non inattivate dai trattamenti termici non germinano e, quindi, non si accresce una flora batterica capace di alterare l’alimento, a causa dei valori di acidità e di pH di questo. Queste strutture microbiche permangono, pertanto, in tali conserve in forma silente o dormiente ma si sviluppano solo quando entrano in contatto con terreni colturali generali i cui valori di pH sono sensibilmente superiori a quelli delle conserve alimentari acide. Tale riscontro analitico non ha alcun significato ai fini della stabilità microbiologica delle conserve alimentari aventi pH ≤ 4.6.